Udito e cervello: un’accoppiata vincente

Questo articolo è apparso nella nostra rivista «il Cervello». La rivista appare quattro volte all’anno ed è gratuita per i sostenitori della Lega svizzera per il cervello. Ordinando qui una copia omaggio potrete leggere altri articoli interessanti.

La musica, il rombo di un camion, un bambino che strilla: ogni giorno il nostro udito è incessantemente bombardato da rumori. L’orecchio, però, non è in grado di discriminare la musica dal rombo di un motore, ma riesce solo a distinguere se i suoni sono forti o deboli, acuti o gravi. Per questo motivo, converte le onde sonore in segnali elettrici e li trasmette al cervello. Solo lì i suoni vengono analizzati, associati ai ricordi e valutati. Grazie a questa collaborazione, l’udito umano è di gran lunga superiore a un microfono. A tale riguardo ne è un ottimo esempio il cosiddetto effetto cocktail party: in una stanza con più fonti sonore, il cervello riesce a riconoscere un unico suono e, al tempo stesso, mettere in secondo piano tutti gli altri. A un cocktail party, da cui prende il nome l’effetto, lo si osserva molto chiaramente. Se uno degli ospiti dice il vostro nome dall’altra parte della sala, riuscite a sentirlo nonostante il brusio delle altre voci. Questo “udito intelligente” è una prodezza del cervello. Un microfono, invece, amplifica tutti i suoni allo stesso modo.

Correlazioni sorprendenti
Ci rendiamo conto dell’importanza dell’udito solo quando iniziamo a perderlo. Dopo i 50 anni questo succede a molti e sopra i 75 anni ne è affetta una persona su due. La difficoltà principale che devono affrontare le persone che soffrono di perdita della capacità uditiva causata dall’età è capire quanto viene detto dagli altri. Per questo motivo non riescono a seguire bene le conversazioni, soprattutto in un ambiente rumoroso.

Ma la diminuzione dell’udito non è semplicemente un innocuo effetto collaterale dell’invecchiamento. Il dottor Frank Lin, specializzato in otorinolaringoiatria e professore alla Johns Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti, ipotizza che ci sia una correlazione tra la perdita dell’udito nella vecchiaia e le prestazioni cerebrali. Ha scoperto che gli adulti con gravi problemi di udito fanno più fatica a ricordare le cose e hanno più problemi a concentrarsi rispetto alle persone più o meno della loro età che però ci sentono bene.

Esistono tre teorie per spiegare in che misura la sordità potrebbe ripercuotersi sulle prestazioni cerebrali. La prima è che il cervello di una persona con gravi problemi di udito ha bisogno di molta energia per riconoscere correttamente i rumori e, di conseguenza, il cervello ne ha meno a disposizione per ricordare e pensare. La seconda teoria è che le persone sorde sollecitano meno la regione del cervello che elabora i rumori, e per questo motivo con il passar del tempo le prestazioni cerebrali peggiorano. Questa regione, però, è anche responsabile dei ricordi e dell’elaborazione di altre percezioni sensoriali. La terza teoria, infine, è che le persone che non sentono bene coltivano anche meno rapporti sociali, perché fanno fatica a comunicare con gli altri. Una sollecitazione ridotta del cervello e la solitudine, a loro volta, sono fattori di rischio per il declino cognitivo.

Un apparecchio acustico migliora la qualità di vita
Per chi ha problemi di udito vale la pena provare un apparecchio acustico. In questo modo, non si stimola solo il cervello, ma si migliora la propria qualità di vita. Le protesi e gli apparecchi acustici moderni sono facili da usare e possono essere adattati ad hoc. Anche se all’inizio l’esperienza uditiva è strana e il cambiamento richiede un po’ di pazienza, dopo qualche settimana le persone con problemi di udito possono seguire nuovamente una discussione, riescono a integrarsi in un gruppo e si godono la compagnia di altre persone.

 

 

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